Cliente occasionale: un potenziale da valorizzare. Come conquistarlo e farlo tornare

Nel precedente articolo abbiamo analizzato il segmento dei clienti profittevoli, ovvero coloro che sostengono concretamente il business della farmacia grazie alla loro frequenza e alla fiducia costruita nel tempo.

Oggi proseguiamo il percorso spostando lo sguardo su un altro segmento, diverso ma altrettanto strategico: quello dei clienti occasionali.

Se i clienti profittevoli rappresentano la stabilità economica, i clienti occasionali incarnano, invece, il potenziale di crescita, quella fascia di pubblico, cioè, che, se accompagnata correttamente, può diventare la nuova linfa vitale della farmacia.

Chi sono i clienti occasionali

Sono persone generalmente in buona salute che entrano in farmacia soltanto quando ne hanno effettivo bisogno. Non hanno ancora sviluppato una cultura della prevenzione o, più semplicemente, non ne percepiscono il valore, rivolgendosi al farmacista esclusivamente in caso di necessità, per esempio per una problematica stagionale o per bisogni quotidiani improvvisi, come l’acquisto di un prodotto terminato. Parliamo, quindi, di un gruppo ampio ed eterogeneo, ma accomunato da un elemento comune: non sentono ancora espresso in modo consapevole il bisogno di salute. La loro logica è riassumibile nel “mi curo solo quando serve e finché sto bene non ci penso”. È un atteggiamento comune in cui tutti possiamo riconoscerci, ma che rappresenta al tempo stesso un punto di partenza su cui lavorare, non una condizione immutabile. Dall’altra parte, invece, siamo tutti d’accordo che la farmacia non può e non deve più limitarsi a essere un mero punto di dispensazione di prodotti e consigli; non più un luogo di risposta passiva dove il cliente si presenta, chiede e acquista, ma un’entità che deve evolversi oltre questo modello.

Il mondo in cui viviamo -o, meglio, le esigenze del mercato- stanno portando la farmacia a diventare un punto di riferimento attivo per la salute della comunità, un luogo capace di stimolare la consapevolezza e guidare le persone verso scelte più responsabili e preventive. Questo significa adottare un approccio consulenziale in cui l’ascolto, il dialogo e la vendita sono elementi integrati e interconnessi. A questo punto, però, sento doverosa una precisazione: proporre un prodotto oppure un servizio, in questo senso, non è sinonimo di vendere in modo aggressivo, ma è un atto etico. È prendersi cura anche quando non c’è un problema acuto, è aiutare la persona a mantenere e migliorare il proprio stato di salute prima ancora che si presenti un disturbo.

La vendita come atto etico

In Italia la vendita è spesso percepita con diffidenza, quasi come un gesto poco coerente con il ruolo professionale del farmacista, ma è un retaggio culturale che oggi non ha più motivo di esistere. Vendere, se fatto con etica e competenza, non è un atto commerciale, ma un gesto di attenzione. È come se stessimo dicendo al cliente “mi prendo cura di te” attraverso un consiglio consapevole e mirato. Lo ripeto ancora una volta: tutto ciò non vuol dire spingere un prodotto tanto per “fare cassa”, ma proporre una soluzione utile, qualcosa che può migliorare la vita del cliente anche in assenza di sintomi. Il farmacista, quindi, non deve limitarsi alla cura: il suo valore più grande risiede nella prevenzione, nel guidare la persona a mantenere nel tempo un equilibrio di salute.

Detto ciò, scommetto che ora stai già cominciando a unire i puntini. Nel momento in cui parliamo di clienti saltuari, parliamo di persone che non hanno ancora scoperto il vero valore dell’istituzione farmacia. Non hanno ancora compreso che la farmacia può essere un alleato stabile, un luogo di supporto continuo, ed è proprio lì che dobbiamo lavorare con loro. Per fare questo, per trasformarli in clienti fidelizzati dobbiamo conoscerli a fondo e qui entra in gioco, ancora una volta, l’analisi dei dati: un sistema Crm ben impostato (il nostro caro sistema con il quale gestiamo le fidelity card) permette, infatti, di tracciare frequenze, acquisti e interessi, fornendo al farmacista una base concreta per instaurare un dialogo più personalizzato. Sapere chi entra, quando, per cosa e con quale ricorrenza è il punto di partenza per costruire un rapporto, e da lì, il consiglio giusto diventa la chiave per far percepire valore.

Quando il farmacista comincia a porre le domande giuste, a proporre alternative e a raccontare l’importanza della prevenzione inizia a costruire fiducia. Fiducia che si traduce in ritorno, perché un cliente fidelizzato genera valore nel tempo e, come abbiamo visto nella puntata precedente, non è soltanto una questione di relazione, ma anche di risultati economici. Secondo uno studio di Bain & Company, un aumento del 5% della retention dei clienti può portare a un incremento dei ricavi compreso tra il 25 e il 95%. Ecco perché vale la pena investire sui clienti saltuari: il loro potenziale è enorme.

Come fare in concreto?

Le strategie per agire sono molteplici, ma ruotano sempre attorno a un principio: offrire soluzioni, non solamente prodotti. Se un cliente lamenta gonfiore, non fermiamoci al carbone attivo: proponiamo un percorso completo, che può includere un consiglio nutrizionale, un massaggio drenante o un’iniziativa di benessere legata al movimento. Se una cliente chiede un integratore per dormire meglio, possiamo suggerirle un test sullo stress oppure un evento dedicato al rilassamento.

Ciò che importa non è tanto se la soluzione si trovi all’interno o all’esterno della farmacia, anche se naturalmente sarebbe preferibile averla “in casa”, quanto che il cliente percepisca la farmacia come il luogo deputato al suo benessere generale, e non solo alla cura delle malattie.

La vera trasformazione avviene quando il cliente capisce che la farmacia non è soltanto il posto dove si risolve un problema, ma quello dove si coltiva la salute ogni giorno. Perché questo accada, però, serve un lavoro costante di formazione, di comunicazione e gestione intelligente dei dati. Gli strumenti digitali, se usati correttamente, permettono di agire con precisione: dal Crm, che segnala i clienti dormienti, alle automazioni, che inviano messaggi personalizzati, dai coupon mirati alle campagne visual a banco. Tutto contribuisce a far percepire attenzione e continuità.

Il cliente saltuario, dunque, non è un cliente meno interessante degli altri. È una persona che attende di essere accompagnata in un percorso di consapevolezza e la farmacia ha oggi tutte le competenze e gli strumenti per farlo. Per concludere, passare da un approccio reattivo a uno proattivo significa non aspettare che il cliente chieda, ma anticiparne i bisogni, costruendo fiducia nel tempo. È questo il compito del farmacista moderno: non solamente dispensare prodotti, ma generare valore, attraverso l’ascolto, la consulenza e l’etica della proposta.

(Francesco Zanetti, Farma Mese N. 9-2025 ©riproduzione riservata)

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